martedì 17 ottobre 2017

SPIGOLATURE MUGELLANE - CAMPANILI E CAMPANE MUGELLANE

Nessun uomo è un'isola
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una nuvola
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di un qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.

(John Donne, Meditazione XVII "Nessun uomo è un'isola")


Il verso "per chi suona la campana" della bellissima poesia di John Donne (1572 -1631), che è lo specchio - come nota Cristina Campo - di un'epoca della storia inglese, quando l'essere cattolici venne interdetto durante il regno di Elisabetta I, fu scelto da Ernst Hemingway come titolo e "chiusa" del suo capolavoro: "Per chi suona la campana", appunto, un romanzo che si svolge durante la Guerra Civile spagnola e ha per protagonista Robert Jordan (in molti hanno visto in questo personaggio lo stesso autore che sposò, nella Guerra fratricida che va dal 1936 al 1939, la parte "repubblicana e antifranchista"), combattente al fianco dei miliziani, il suo amore per la giovane rivoluzionaria Maria e la sua azione bellica, a fianco dei "ribelli" comandati da "Pablo" e dalla zingara Pilar, sulle colline iberiche.
Quanto importante sia per la comunità civile - e non solo per i cattolici - il suono delle campane ce lo dice la Storia. Forse pochi sanno, ad esempio, che la Campana di Mezzogiorno, quella che nel nostro Mugello chiamano ( o forse "chiamavano") "la Campana della Pastasciutta", suona, in realtà, per ricordare la vittoria della Flotta Cristiana -.comandata dal fratello bastardo di Filippo Il, l'eroico don Giovanni d'Austria (1629 - 1679) - nelle acque di Lepanto (7 ottobre 1971): "ultimo capitolo dell'antico scontro tra Oriente e Occidente (che) acquista oggi un significato particolare, in quanto la vittoria della Lega Santa divenne la pietra miliare sulla quale si autolegittimerà l'egemonia occidentale e di cui si nutrirà la volontà di riscatto del mondo islamico nei secoli a venire" come scrive lo storico Niccolò Capponi, nel più bel libro (immensa documentazione d'archivio vista anche dalla parte dei "turchi") mai scritto su questa battaglia (cfr. Niccolò Capponi: "Lepanto 1571: la Lega Santa contro l'Impero Ottomano" - Il Saggiatore -)
E proprio Niccolò Capponi, a proposito di "campane", mi poté dare, anni fa, queste simpatiche note a proposito del suo avo Pier Capponi: quando, di fronte all'arroganza di Carlo VIII che minacciò di invadere Firenze al grido di "Noi suoneremo le nostre trombe", rispose impavidamente "E noi suoneremo le nostre campane"...mettendo così le ali ai piedi al presuntuoso Re francese, per cui, ironizzando sulla fiera risposta del Capponi, Machiavelli chiosò: "Lo strepito dell'armi e de' cavalli / non poté far che non fosse sentita / la voce d'un Capponi tra tanti galli / tanto che il Re superbo fé partita" e anche Giuseppe Giusti volle dir la sua. "Fra gli altri dilettanti oltremontani / per infilarmi un certo re di picche / ci si messe co' piedi e colle mani / ma poi rimase lì come Berlicche / quando un Cappon, geloso del pollaio /gli minacciò di fare il campanaio".
E il suono delle campane iniziò a toccare il cuore di un mangiapreti toscano, un miscredente autore, niente meno, che del famigerato "Inno a Satana", di quel Giosué Carducci - poi divenuto un "innamorato della Madonna" negli ultimi anni di vita - allorché fu colto da una gran nostalgia e da una profonda commozione quando sentì il doppio di una campana della Romagna che suonava l'Ave Maria: "Salve chiesetta del mio canto. A questa / madre vegliarda, o tu, rinnovelata / itala gente dalle molte vite / rendi la voce / de la preghiera: la campana squilli - ammonitrice: il campanil ritorto / canti di clivio in clivio alla campagna / Ave Maria..."
Del resto chi è che non ricorda quando, bambini, ascoltavamo le note di " San Martino campanaro / dormi tu? Dormi tu? / suona le campane, suona le campane/ din ! don ! dan! din! don! dan!" o quando - e quanti, quanti anni son passati - ragazzini aspettavamo il sabato sera, il giorno in cui ci era concesso di assistere al Musichiere, lo spettacolo musicale condotto da Mario Riva, che si concludeva con la sigla di quella bella e famosa canzone che ci faceva vivere la gioia della vigilia festiva e assaporare il mattino della festa: " Domenica è sempre domenica / si sveglia la città con le campane/ al primo din don sul Gianicolo / Sant'Angelo risponde din don dan!"
Il nostro Giorgio Batini fece il verso al romanzo "Per chi suona la campana" e pubblicò, il suo "Per chi suona la Toscana" in cui scriveva: "I bronzi dei campanili hanno suonato, nei secoli, per la nascita, i prodigi, la salita al cielo di un grande popolo di Santi (...) hanno suonato nei secoli, per chiamare a raccolta i cittadini a difendere i liberi comuni, le libere Repubbliche, le istituzioni democratiche. Quello delle campane era un suono che dominava su tutti gli altri suoni cittadini, dato il gran numero di bronzi che ornavano i campanili e le torri civiche vantato da ogni città (...) i bronzi della Toscana hanno suonato per i riti della fede, per le ore del lavoro, per la legge e la giustizia, per la salvaguardia dei beni, per la difesa della libertà..." (Cfr. Giorgio Batini in "Per chi suona la Toscana" Edizioni Polistampa, Firenze 2007)
E le campane nel nostro Mugello? Ce ne parla il professor Rino Gori, di Rignano, già Preside nelle Scuole della Toscana, in una sua lettera del 2005 dove commentava il libro di Pucci Cipriani: "L'altra Toscana: Diario di un Conservatore" e che l'autore ha pubblicata in un altro suo tomo del 2013:

Caro Cipriani, il Suo libro "L'Altra Toscana: Diario di un Conservatore" è molto bello e si legge con molto piacere per i ricordi che suscita, per le speranze che abbiamo cullate (....) io sono con Lei fin dalle prime pagine. Quando Lei vide la luce a Borgo San Lorenzo, io avevo diciassette anni. Allora dimoravo nei pressi di Monte Senario, frequentavo molto spesso il convento dalla cui cisterna si gode una bella vista sul Mugello, con in primo piano il panorama di "Borgo".
A quell'epoca i paesi di campagna si somigliavano tutti sotto certi aspetti: chi può dimenticare, infatti, i rintocchi delle campane che ci richiamavano alla preghiera a quasi tutte le ore? Ci invitavano a recitare l'Angelus Domini tre volte al giorno: All'Ave Maria dell'Alba, a Mezzogiorno, alle "ventiquattro" (al tramonto). Alle ventuno del venerdì venivano a ricordare l'Ora della Redenzione (Morte di Croce). Alle ventitré ci esortavano a recitare il Credo. All'"un'ora" (prima della notte) ci ammonivano di pregare per i poveri morti. Alla vigilia delle feste solenni le campane suonavano a distesa a distanza di ogni ora, rallegrando i nostri pomeriggi e i nostri animi....e poi ogni tanto quel suono "a morto" che annunziava che uno di noi se n'era andato e che bisognava pregare per lui e per i suoi familiari, quindi ancora la campana con i mesti rintocchi dava l'ultimo addio ("ad Deum" ovvero un "ci rivedremo" al cospetto di Dio); e quel suono era triste e consolatorio a un tempo (...)
Il suono delle campane evocava tanti sentimenti e tanti ricordi. Neri Tanfucio (alias Renato Fucini), al rintoccar di non so quali campane, pensava ai suoi morti, al Ceppo, alla Befana ed agli anni suoi che erano passati "a volo": si metteva il capo tra le mani e avrebbe baciato la fune delle campane ma poi concludeva con un'inaspettata e dissacrante battuta:

Però non so capì, Dio mi perdoni
come diavolo mai faccino i preti
a trovare 'r coglion che gliele suoni

(Cfr. Pucci Cipriani in "La Memoria negata: appunti per una storia della Tradizione in Italia", Solfanelli, Chieti 2013)

Già, ma ora non c'è più bisogno del campanaro ( e quanto rimpianto per quelle figure caratteristiche ormai scomparse!) e certo, davvero, non si sarebbe trovato - neanche con la manovalanza "a basso prezzo" e " a termine" come oggi - chi potesse suonar "la squilla della sera / che dolcemente invita alla preghiera", come recita una bella laude mariana, come non si troverebbe chi potesse suonare "a morto", con il rintocco triste, o "a distesa"...ora basta girare una chiavetta, e le campane "vengono programmate" per suonare quando si vuole e ciò che si vuole e, del resto, grazie alla tecnica, il suono delle campane non è scomparso (anche se il suono non è melodioso e squillante come un tempo!) e stupisce come, ad esempio a Borgo San Lorenzo i morti non ricevano più dalle campane, ovvero dal campanile sotto il quale hanno vissuto, quell'ultimo saluto. Lo ricevono invece nella chiesa del SS. Crocifisso che, pur non avendo il campanile, ha un sacrista "con i fiocchi" nella figura di Graziano Melara che rimedia mandandoci il suono, molto suggestivo, registrato. Questo voler togliere i simboli della morte, il rifiutare di "addomesticarla" come si faceva un tempo, ma cercare di "nasconderla" come si nasconde la polvere sotto i tappeti, non è che un ritorno al paganesimo; oggi la morte è "scandalosa", si preferisce non parlarne, cambiare discorso, "ghettizzare" i parenti del defunto, che creano imbarazzo, cercare di nasconderla, abolendo l'uso dei paramenti neri o del suono delle campane.
Philippe Ariès, forse il più importante storico francese, in un suo importante studio, afferma che facendo così si fa una grande confessione di impotenza: "Non ammettere l'esistenza di uno scandalo (...) fare come se non esistesse, e quindi costringere senza pietà le persone accoste ai morti a tacere. Un pesante silenzio si è venuto così a distendere sulla morte... (e) questo atteggiamento non ha annientato né la morte né la paura della morte: Al contrario ha lasciato che tornassero subdolamente vecchi elementi selvaggi sotto la maschera della tecnica della medicina. La morte all'ospedale, irta di tubi, sta diventando oggi più terrificante del cadavere in decomposizione o dello scheletro delle retoriche macabre" (Cfr. Philippe Ariès: "L'uomo e la morte dal Medioevo a oggi" - Oscar Mondadori, Milano 1980, pp. 730 -731)
Quanto più bello e umano dunque non "nascondere" la morte, ma anzi, annunziarla con il suono delle campane!
Ricordo, a questo proposito, il giovane fiorentino Paolo Bartalesi - studente ginnasiale nel Liceo classico Galileo - deceduto a sedici anni, in odore di Santità, che, proprio dal Monte Senario, ove si trovava per gli esercizi spirituali, avvinto dalla misticità del luogo e dalla bellezza del paesaggio, sentiva i rintocchi mesti della campana che suonava "a morto" nella "verde vallata del Mugello" e componeva così, pochi mesi prima della sua morte per un incidente della strada, questi suoi versi, che furono anche gli ultimi:

Non so perché quando campana suona,
leggo alcunché di bello e vedo il cielo,
a gran mestizia il cor mi s'abbandona;
.............................. .............................. .....
"Domine" dice, "Exaudi vocem meam!"
chi nel bisogno trovasi; chi teme:
"Domine" dice, "exaudi vocem meam!"
Abbi pietà, Signor, del nostro seme
.............................. .............................. ...........
"requiem aeternam", riposo verace,
da' lor Signore, e fa' che luce eterna
risplenda ad essi, riposino in pace.

(Cfr. Tito Casini in "Paolo Bartalesi, studente fiorentino", SEI 1959)

Spero anch'io di poter domandar ancora "Per chi suona la campana" del Longobardo campanile - ora che, da tanti anni, non ha più suonato -, fino quel giorno che la gente dirà che ha suonato per me.

Gaddo de Grandville





Fonte : "Il Galletto" Giornale del Mugello e della Val di Sieve dal 1986! del 14 - ottobre 2017.

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