domenica 25 giugno 2017

Lettera della Comunione Tradizionale (25 giugno 2017)


Lettera della Comunione Tradizionale
"Etiamsi Omnes Ego Non

Cari amici,
dunque giovedì 29 giugno 2017, alle ore 17:00, a Firenze, presso la Sala delle feste della Regione Toscana in Palazzo Bastogi (via Cavour n. 18), per iniziativa di Giovanni Donzelli Capogruppo in regione di FdI, verrà presentato il libro di Pucci Cipriani: "Dal natìo Borgo selvaggio: quando ancora c'era la Fede e si pregava in latino" (Solfanelli).
Chi volesse restare a cena insieme a noi — ci ritroveremo alle 20:00 presso il Ristorante "I Centopoveri" in via Palazzuolo n. 31/r a Firenze — è pregato di prenotarsi presso avv.ruschi@libero.it cell.3494657869 (Ascanio Ruschi) oppure pucciovannetti@gmail.com cell. 3339348056 (Pucci Cipriani). La quota di partecipazione è fissata per 20 euro e comprende: un tris di primi - arrosto misto con contorni - dolce - acqua vino e caffè . Prenotazioni non oltre mercoledì 28 alle ore 12:00.


Per leggere la recensione al libro di Pucci Cipriani fatta da Luca Ferruzzi
(CLICCA QUI)

Per leggere la presentazione al libro di Pucci Cipriani fatta da Lorenzo Gasperini
(CLICCA QUI)

Per leggere la presentazione al libro di Pucci Cipriani fatta da Giovanni Tortelli
(CLICCA QUI)

In occasione della visita privata di Bergoglio a Barbiana, Pier Luigi Tossani aveva inviato una supplica a Papa Francesco: "Santità non andate a Barbiana!" con allegato un documentatissimo dossier su don Milani come "cattivo maestro ". Per leggere la supplica e il dossier su don Milani di Pier Luigi Tossani (CLICCA QUI)

Un saluto a tutti e un arrivederci a giovedì 19 giugno per la presentazione del libro : "Dal natio borgo selvaggio" (Solfanelli).

Firenze 25 giugno 2017

LJC Pucci Cipriani
www.controrivoluzione.it

sabato 24 giugno 2017

UNA GRANDE CIVILTA' VISSUTA NELLA VITA DI OGNI GIORNO SCANDITA DAI RINTOCCHI DELLE CAMPANE (Recensione di Luca Ferruzzi)

Giovedì 29 giugno 2017, alle ore 17:00, a Firenze, presso la Sala delle Feste della Regione Toscana in Palazzo Bastogi - via Cavour, 18 - presentazione del libro di Pucci Cipriani: "Dal natìo Borgo selvaggio: quando ancora c'era la Fede e si pregava in latino" (Solfanelli) con prefazione di Massimo de Leonardis e postfazione di Cosimo Zecchi, con la copertina: "Borgo sotto la neve visto dai Bastioni" del pittore borghigiano Enrico Pazzagli.
Interverrano Giovanni Donzelli, Presidente del Gruppo di FdI alla Regione Toscana, Luca Ferruzzi, Consigliere Comunale di Borgo San Lorenzo, l'Avvocato Ascanio Ruschi, e, con l'autore, il pubblicista Lorenzo Gasperini, il Docente Universitario Giovanni Tortelli e il Redattore di "Controrivoluzione" Gabriele Bagni.

Pubblichiamo di seguito la bella recensione di Luca Ferruzzi al libro di Pucci Cipriani:



Due volte l'ho voluto rileggere questo bel libro, tanto mi ha aiutato, alla sera, a far pace con me stesso: a sopirmi l'animo, in attesa che il corpo lo seguisse, prima di prender sonno, ché nei “bei tempi andati”, quelli appunto ricordati da Pucci, di notte si dormiva bene, in armonia con se stessi, la famiglia, la società, la natura stessa.
Ecco, allora, che sono proprio questi aspetti, che poi sono quelli che costituiscono l'interiorità, l'essenza stessa dell'uomo che Pucci ci descrive, con dovizia di caratteristiche, amore e nostalgia.
Dall'opera traspare forse una particolarità di fondo, che la permea e ne costituisce il filo conduttore: la consapevolezza attiva e militante di voler porsi come porzione elementare, parte integrante, testimone e portabandiera di quella società tradizionale, cristiana e contadina propria, precisamente, del Natio Borgo Selvaggio che a questo punto, e a tutti gli effetti, diventa Domestico – una casa, appunto, dove natura, uomo e società elevano all'unisono una armoniosissima laude al Creatore.
E questa volontà di testimonianza diventa, in Pucci, quasi un bisogno fisico, un dovere, anzitutto nei confronti degli altri: dell'amata famiglia, degli amici, dei parrocchiani, delle guide sicure che dovrebbe avere una società sana (in questo caso le autorità civili e religiose del borgo), ma poi anche nei propri confronti: per rafforzare le personali determinazioni, rinsaldare l'azione sdipanata con costanza e coraggio nel corso di una vita (i modernisti psicanalitici settari e i sessantottardi piliferi tanto cari a Pucci direbbero, per svilire il processo interiore, per rinforzare il proprio Io), ma qui si tratta di qualcosa di infinitamente più profondo ed incomprensibile ai suddetti, qualcosa di parecchio più faticoso, essoterico ed eroico: estirpare dal proprio sentiero le insidiose malerbe infestanti, in vista dell'esamino che ci sta predisponendo il Supremo Giudice, e lasciare tale sentiero lindo, pulito e ben tracciato come regalo per chi vorrà percorrerlo.
E infatti, come giustamente ci fa notare Pucci in ogni frase, ad ogni pagina … non servono grosse e dotte disquisizioni di filosofia, antroposofia, sociologia e morale per farci capire chi siamo, cosa eravamo, dove eravamo e anche, purtroppo, dove stiamo andando: basta tranquillamente portare alla coscienza, se ancora ce l'abbiamo, il ricordo del sapore delle frittelle di San Giuseppe, dell'abbacchio pre-vegano pasquale, del papero per la battitura, dell'odore dell'incenso durante la processione del Corpus Domini, del suono melodioso, profondissimo e salvifico delle campane, delle parole e dei canti in latinorum (come direbbe, per l'appunto, l'On. Peppone di Guareschi) di una volta, o, come dice Pucci, di sempre.
Ma perchè sia di sempre, allora tale filosofia di vita deve necessariamente essere vissuta, professata, trasmessa in tutte le sue più recondite manifestazioni, altrimenti essa muore lasciando in sua vece, ci ammonisce Pucci, l'aridità del nulla cosmico.
Ecco allora l'impegno militante dell'Autore in difesa della tradizione e di tutti i suoi aspetti: dal canto alle usanze popolari, grondanti sacralità e significato, l'amore per gli spettacoli circensi, la denuncia del modernismo dalla rivoluzione francese in poi (ma io direi, caro Pucci, da prima ancora: dalla vittoria dei Guelfi sui Ghibellini, dall'affermarsi della Chiesa Curiale su quella Monastica, fino alla pressoché totale obnubilazione di quest'ultima), la propensione politica per una monarchia imperiale, l'impegno nel teatro, nell'insegnamento.
E per non farsi mancar nulla, ecco che Pucci rifugge, nel libro ma anche nella vita, da ogni forma ipocrita del politically correct mettendo alla berlina, in modo vivace e sapido, chi sparla di PACS  invece che di matrimonio sodomitico, o di integrazione culturale per coprire la realtà dell'invasione mussulmana.

Grazie Pucci, e che Dio te ne renda merito.

Luca Ferruzzi


giovedì 22 giugno 2017

Presentazione a Firenze: "Dal natìo borgo selvaggio" di Pucci Cipriani

Giovedì 29 giugno 2017, alle ore 17:00


presso la Sala delle Feste della Regione Toscana

in Palazzo Bastogi - Via Cavour, 18 - FIRENZE


per iniziativa di Giovanni Donzelli, Capogruppo in Regione di FdI


presentazione del libro di Pucci Cipriani


DAL NATIO BORGO SELVAGGIO
quando ancora c'era la Fede e si pregava in latino


Edizioni Solfanelli


Saluti di Giovanni Donzelli (Capogruppo in Regione di FdI)
e del Consigliere Comunale di Borgo San Lorenzo Luca Ferruzzi

Interverranno:
Lorenzo Gasperini (pubblicista), Giovanni Tortelli (Docente Universitario)
e Gabriele Bagni (Redattore di "Controrivoluzione")

Presiederà e modererà l'incontro l'avv. Ascanio Ruschi



Lettera a Pucci Cipriani


Gentilissimo amico,
Ho appena terminato di leggere, quasi tutto d'un fiato posso dire, il suo ultimo libro "Dal natìo Borgo selvaggio" che ho acquistato giorni addietro a mezzo Internet. Come immaginavo si è trattato di una lettura non solo piacevolissima, ma che mi ha coinvolto emotivamente: più volte infatti mi sono commosso fino alle lacrime... I suoi ricordi personali hanno fatto affiorare alla mia memoria i miei ricordi, in un crescendo di nostalgia per persone e cose e di rimpianto per un tempo in cui la Fede era un faro che orientava la navigazione nel procelloso mare della vita.
Ci separa non lungo tratto di anni (io sono del 1953), talché tante situazioni descritte nel libro le ho vissute anch'io. Anch'io ho ricevuto dai miei familiari, ma anche da tutto un mondo che era ancora cristiano, il nutrimento della Fede, il solo che non porta alla morte ma alla vera Vita.
Ricordo quando, in colonia estiva, mi alzavo prima degli altri bambini – allora ci svegliavamo col dolce canto "Andrò a vederla un dì" che ci invitavano a ringraziare i nostri morti se l'estate montanina ci regalava una bella giornata di sole – ed entravo nella cappellina a rispondere alla Messa. C'era solo il sacerdote rivolto verso Dio, e io leggevo in un messalino le risposte in latino. Ancora ricordo quella Messa apparentemente solitaria, con un bambino, un prete e... l'intero Paradiso con noi! E le preghiere che mi insegnavano la mamma, le nonne, la zia; le formule antiche e quelle "inventate" per la nostra famiglia, anch'esse parte di un lessico familiare non più dimenticato...
Non la tedio oltre ma avvertivo forte bisogno di ringraziarLa. Purtroppo ho avuto il privilegio e l'onore, non disgiunti dal piacere, di conoscerLa solo nel 2016 a Civitella del Tronto. Ma è come se l'avessi conosciuta da sempre, perché siamo cresciuti insieme alla scuola di Santa Romana Chiesa, alla scuola di valori eterni e immutabili, ci siamo nutriti dello stesso latte spirituale. Grazie, professore, ad multos annos et ad majora!
Suo affezionatissimo
Michele Beghin 



Nella festività del Corpus Domini sfila la processione, con il Baldacchino sotto il quale viene portato il SS. Sacramento, a Borgo San Lorenzo davanti alle Logge dei Marroni (1922). Foto Celestino Maestrini



Borgo San Lorenzo 2001 – Il Granduca di Toscana SAIeR Sigismondo di Asburgo Lorena a Borgo San Lorenzo in occasione della Quinta Edizione del Premio Letterario “Tito Casini”. Da sinistra: il Granduca Sigismondo, l’Assessore alla P.I. del Comune di Borgo San Lorenzo Patrizia Gherardi, Pucci Cipriani, Luciano Garibaldi, Massimo de Leonardis, Don Simoulin, Superiore italiano della Fraternità San Pio X, mentre si recano al Teatro Giotto per la premiazione.



Borgo San Lorenzo 2001: da destra il Granduca Sigismondo, il prof. Massimo
de Leonardis, Ordinario dell’Università Cattolica, Il Conte Neri Capponi, il
padre oratoriano Ronald Cappellano di Casa Lorena che, in una centrale
chiesa di Londra, celebra ogni giorno la S.Messa in rito romano antico.



Oratorio salesiano 1954. Una foto di gruppo di oratoriani con in mano una
cassettina, consegnata il sabato da don Torracchi, per “accattare” per le
missioni, e che i bambini dovevano riportare, “possibilmente piena”, il lunedì
successivo. Tenendo presente che si indica con (n.i) non identificato, le
persone che non si riconoscono, ecco i nominativi a cominciare dalla prima fila
in alto da sinistra: son Fortunato Raddi SODB, Francesco Margheri, Aldo
Toccafondi, Walter Tagliaferri (il non dimenticato interprete di una deliziosa
scenetta del teatro maschile oratoriano in cui i tre interpreti – lo stesso
Walter, Nocera e Aldo Toccafondi –, vestiti da donna, con una pezzola in testa
e una candela in mano, cantavano: “A voi faccio riverenza, gentilissima
comare...”), (n.i), Egidio Tagliaferri, Vieri Chini, Giovanni Parigi. Nella
seconda fila da sinistra Biagi, (n.i), (n.i), Paolo Mattioli, Antonio Mazzi,
Andrea Costi (con il cappello), (n.i), Cantini (detto “Il Corvo”), don Tarcisio
Torracchi SODB, Direttore dell’Oratorio salesiano e il bambino piccolo, tra il
Mazzi e don Torracchi, è Antonio Orlandi. In basso nella terza fila da sinistra:
Franco Paladini, Marco Squarcini, Ubaldi, Franco Stocchi, (n.i), Sandro
Modi, Rapezzi e il Cooperatore salesiano sig. Giuseppe De Marchi.

mercoledì 21 giugno 2017

UN MITO, UN ERRORE: I PRETI EMANCIPATORI (di Pietro Di Marco, "Il Corriere fiorentino")

Parere contrario: l’assolutezza dogmatica, le battaglie sociali, un vuoto di fede

Un maestro e amico (come si dice delle persone notevoli che abbiamo conosciuto), Michele Ranchetti, che ha dedicato a Milani pagine importanti, scriveva di una «vita [quella di don Lorenzo], tutta di vocazione senza tolleranze» (Ranchetti, Scritti diversi, II, 1999, p.149). E sottolineava come una fede con caratteristiche di «assolutezza dogmatica e di radicale semplificazione», fosse la «condizione necessaria e sufficiente per reggere tutto il resto», tutta l’architettura della personalità e dell’azione del priore. Intuizione originaria di Milani sarebbe stata quella che «solo l’obbedienza a Dio e ai suoi superiori gli avrebbe dato il potere e la libertà». Avvertire il taglio troppo drastico di queste tesi non vuol dire sottovalutarle. In effetti per chi non abbia subíto l’incanto e la spinta emulativa che sempre provengono da un carismatico, l’idea ranchettiana di una personalità che si è precocemente armata, entro e fuori, per un combattimento che renda possibile e giustifichi tutta un’esistenza, calza perfettamente a don Lorenzo. La forma sui generis militante del sacerdote cattolico, forma unica in campo cristiano, che si era ridefinita a partire dai conflitti, ma anche dalle alleanze, tra clero e regimi «rivoluzionari» durante la cosiddetta guerra civile europea (1919-1945), era stata trasmessa e aggiornata nel dopoguerra. L’ortodossia essenziale e la destinazione di sé all’azione pastorale, certo, ma con modelli nuovi, plasmati su quelli del militante politico e sindacale, furono per don Milani una formula potente. Gli permise di congiungere la severa dolcezza verso i suoi «figli» (i ragazzi di Barbiana) e l’intransigenza da leader, insofferente ed «educativa», nei confronti degli altri, anche per gli amici. Forse solo la madre e don Raffaele Bensi erano trattati diversamente, da figlio.
Non sfugge che l’azione esterna lo condusse su terreni di «battaglia» civile comuni alle sinistre, con minore affinità col Pci, va precisato. La ferrea struttura milaniana, per alcuni solo apparente, ma tenuta in piedi e assiduamente coltivata nella comunicazione, va infatti oltre la scuola. La figura del membro di ceti superiori, uomo o donna, che alfabetizza i figli dei contadini ha una lunga storia nelle aristocrazie e borghesie europee. In qualche misura, minima, Milani appartiene a quella storia. Ma originale è l’offerta alla Chiesa di un modello di prete di rigida osservanza formale, che nella società del dopoguerra concorra con le figure prevalenti, laiche e spesso atee, del militante politico «rivoluzionario», ed anzi sostituisca. È un competere sul terreno alto della militanza comunista, in particolare: la dedizione, il sacrificio e la razionalità.
Certamente per Milani il vero operatore del riscatto di classe era il prete; è nota una sua affermazione-paradosso relativo alla scuola: si sarebbe dovuto rinunciare alla scuola confessionale per una scuola laica in cui fosse il prete ad insegnare. Il prete, l’unico maestro in se stesso, per struttura, per indole, per sacramento forse; unico capace di una dedizione esclusiva. Questi, però, sono anche il modello e la retorica del maestro rivoluzionario.
E grava sul modello una utopia autoritaria (basterebbe dire: utopia, da «rivoluzione culturale cinese» — fu colto da Edoarda Masi), che la storia mondiale ha invalidato e dissolto. Lo so: si possono invocare mille oggetti concreti e immediati dell’azione di Milani che sembrano confutare ogni tratto utopizzante. Ma la fustigazione del suo entourage adulto e intellettuale e l’attaccamento ai ragazzi erano i modi peculiari con cui il prete dava scacco al professionismo e al dottrinarismo del comune attivista politico.
Le perplessità e le censure ecclesiastiche che colpirono (debolmente) Esperienze pastorali vedevano limpidamente. Mi permetto di ripeterlo spesso. Lo stesso Bensi, che in classe (Liceo Galileo) ci aveva presentato la novità e i valori, anche letterari, dell’opera, osservava privatamente che il primato strategico dell’insegnamento della lingua (la lingua dei giornali, la lingua dei «signori») su tutto il resto, inclusa la formazione cristiana, era nel suo Lorenzo «illuminismo». In effetti anticipare e forse amare di più la formazione umana «emancipatoria» (di questo si trattava) rispetto alla formazione dell’anima, tanto peggio se ritenuta quest’ultima alienante da sola, era un equivoco drammatico in cui Milani cadeva, dopo tanti altri e almeno da un secolo e mezzo di storia della Chiesa.
Cosa fu, allora, l’assolutezza dogmatica del priore di Barbiana? Milani ha lasciato dietro di sé un vuoto di fede cristiana. Forse, ancora negli anni Ottanta, questo dato sembrava poca cosa: siamo tutti cristiani impliciti, anzi tanto più autenticamente cristiani quanto più combattenti per la causa dell’uomo. Ma le utopie e le retoriche sono in pezzi; resta, invece, oggi la tragedia della comune fede indebolita o inabissata. Non era certo necessario per fare scuola ai poveri costruire un mito del clero cattolico come avanguardia, di una possibile armata (la Chiesa) di emancipatori. Che ne fu in questo ardimento di Cristo e della sua salvezza, della realtà e azione della vita soprannaturale, della preghiera, dei sacramenti? Le recenti celebrazioni mi lasciano sinceramente contrariato: sono veramente utili alla coscienza della Chiesa, quando non vi è in esse cenno a quanti risvolti abbia la vicenda Milani, a quanto contraddittorie e povere, spesso, siano le sue eredità, a quanto sia stata preveggente (tutt’altro che in errore) quella Chiesa che ne prese le distanze?

Pietro Di Marco
da "Il Corriere fiorentino" del 21 - VI - 2017

giovedì 15 giugno 2017

Don Lorenzo Milani, cattivo maestro. Supplica a Papa Francesco: “Santità, non vada a Barbiana!…”

Don Milani: un incredibile dossier sul prete rosso ribelle. Dalla omosessualità e pedofilia, alla lotta di classe, al marxismo, alla lotta armata e le Br. La ribellione alla Chiesa e al suo arcivescovo Florit definito: "un rimbambito indiavolato".

COME PUO' IL PAPA ANDARE SULLA TOMBA DI QUESTO ENERGUMENO?

(PER FAVORE LEGGETE, CONDIVIDETE, STAMPATE, FATE GIRARE QUESTO INCREDIBILE DOSSIER DI PIER LUIGI TOSSANI).

https://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2017/06/02/don-lorenzo-milani-cattivo-maestro-supplica-a-papa-francesco-santita-non-vada-a-barbiana/

lunedì 12 giugno 2017

Presentazione a Firenze: Dal natìo Borgo selvaggio. Quando ancora c'era la Fede e si pregava in latino (29/06/2017)


Giovedì 29 giugno 2017 (festività di san Pietro e Paolo) verrà presentato a Firenze, alle ore 17:00, il nuovo libro di Pucci Cipriani: "Dal natìo Borgo selvaggio. Quando ancora c'era la Fede e si pregava in latino" (Edizioni Solfanelli) presso la Sala delle Feste della Regione Toscana - Palazzo Bastogi, in via Cavour n. 18.

Il libro porta la presentazione del prof. Massimo de Leonardis, Ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali e Direttore del Dipartimento Studi Giuridici dell'Università Cattolica di Milano e la postfazione di Cosimo Zecchi, già Presidente del FUAN (Fronte Universitario di Azione Nazionale) di Firenze. La copertina "Panorama di Borgo sotto la neve" è presa da un quadro della collezione privata di Pucci Cipriani del pittore borghigiano Enrico Pazzagli.

Informiamo tutti gli amici della Comunione Tradizionale e di Controrivoluzione che dopo la presentazione del libro potranno - se lo desiderano - restare a cena in un locale del centro, sarà un'occasione per fare il punto sulla situazione e per progettare, insieme l'attività della Comunione Tradizionale per il nuovo anno. La cifra per la cena è fissata in Euro 20,00 ed è necessaria la prenotazione c/o  pucciovannetti@gmail.com, cell. 3339348056 (Pucci Cipriani) o ascarus@libero.it,  cell. 3494657869 (Ascanio Ruschi) o gabribagni@libero.it, cell. 3342388207 (Gabriele Bagni).





lunedì 5 giugno 2017

IL COMMISSARIO LUIGI CALABRESI . UN EROE CRISTIANO!

"Ancora qualche settimana, e sarò commissario di pubblica sicurezza(...) sono affascinato dall'esperienza che può fare in polizia uno come me , che vuol vivere una vita profondamente, integralmente cristiana...un tempo il metro con cui si valutavano gli uomini era diverso. Si valutavano per ciò che erano, per ciò che rappresentavano, per la posizione e la stima di cui godevano, per il gradino che occupavano nella scala sociale, e così via. Oggi invece quello che conta è il successo, questa medaglia di basso conio che su una faccia porta stampato il denaro e sull'altra il sesso.
Se volessi intascare e magari spendere medaglie come questa non andrei in polizia, dove si resta poveri. Non andrei coltivando ideali di onestà e di purezza. Sono fatto in un certo modo, appartengo a un gruppo neanche tanto scarso di giovani che vuole andare controcorrente. Noi sentiamo forse più degli altri lo sfasamento, lo squilibrio, il turbamento, perché in ogni istante della giornata vediamo noi e vediamo gli altri, mettiamo noi stessi a confronto con gli altri; apparteniamo a due mondi che si scontrano, e perciò ci sentiamo in imbarazzo noi e si sentono in imbarazzo gli altri; in questo mondo neopagano il cristiano continua a dare scandalo , perché il fine che persegue, lo scopo che dà alla sua vita non coincide con quello dei più. Ecco il turbamento di cui parlavo: sentiamo di vivere, tutto sommato, in un mondo non nostro, che tende ad escluderci a sopprimerci (...) Fra i popoli nordici, che vengono additati a modello di civiltà e di democrazia, la situazione sociale dell'individuo è disastrosa, , come dimostrano le statistiche dei suicidi, e quelle belle case bianche e sterilizzate dove vengono chiusi i vecchi.  Non ci sono più affetti, il nucleo familiare è disgregato, è lo Stato che pensa a tutto, all'assistenza, ai disoccupati, ai malati, ai figli delle ragazze madri. Forse pensa troppo. E così viene meno l'impegno individuale, e la gente fa fallimento (...) Il genitore deve fare il padre o la madre, quando vuole fare troppo l'amico o il fratello maggiore, sbaglia. Il figlio vuole avere un padre, cioè ben più di un amico. Vuole avere una guida che sappia pronunciare anche i suoi "no" , quando sono motivati."



Venerabile Luigi Calabresi

Scrivendo questo articolo ( a cui ne seguiranno altri due) metto come un sigillo alla mia, ormai, non più breve vita : ricordo infatti i miei oltre cinquant'anni di battaglie e l'iter spedito con cui prende consistenza la "Beatificazione" del Venerabile Luigi e questa la considero la più bella dlle mie "vittorie", un grande dono che il Signore ha voluto farci : un esempio che ci additi la via del cielo. Conviene giocare dunque a carte scoperte e, siccome sono un "povero peccatore", a maggior ragione, porto ad esempio dei giovani d'oggi il Commissario Luigi Calabresi, una vittima del terrorismo rivoluzionario, un personaggio che si erge, in tutta la sua grandezza morale, in mezzo a un mondo alla deriva che aveva distrutto la società cristiana che - pur con i suoi limiti - è esistita fino agli anni Sessanta e che, con incredibile rapidità, scomparve dopo il Concilio Vaticano II ("Il vero Sessantotto della Chiesa è stato il Concilio Vaticano II" ebbe ad affermare il rosso cardinale Suanens) e la Rivoluzione del Sessantotto che non fu quella che, in un primo tempo, molti credettero, ovvero l'esplosione colorata dei capelloni e scioscioni vari, una rivoluzione da balera di terza categoria, una protesta di "piscialletto maleducati" (per dirla con il Generale Charle De Gaulle) o una protesta militante contro l'acqua, il sapone e il deodorante, ma una vera e propria rivoluzione, preparata e diretta - come tutte le rivoluzioni -  da più o meno noti burattinai.
Vi fu una "contestazioine studentesca" contro la scuola, la figura dell'insegnante, la meritocrazia. Il vero "libretto rosso" della contestazione studentesca fu la "Lettera a una professoressa" di don Lorenzo Milani che contiene una impressionante carica di odio sociale; del resto :"Nella chiesa e nella società politica del tempo si erano affermate dottrine gnostiche (...il socialismo di Murri, il democraticismo di De Gasperi, ad esempio) don Milani ha semplicemente alimentato lo sviluppo di questo indirizzo di pensiero:il suo "radicalismo" infatti è liberalismo "avavanzato" non è "altro" ma la stessa cosa(Cfr. Daniele Mattiussi in "Instaurare" gennaio  -aprile 2017);
La protesta operaia contro la potenza economica rappresentata dalla struttura della fabbrica e dalla figura del "padrone" ("padroni maiali -domani prosciutti" gridava la contestazione operaia);
La contestazione religiosa - nata dopo il Concilio - contro l'autorità della Chiesa, i vescovi, i parroci e la struttura "piramidale" della Santa Chiesa...abbiamo i "preti operai" (da notare le opere di un grande scrittore cattolico scomparso prematuramente : il Visconte Michel de Saint Pierre con "I Nuovi Preti" e "Collera Santa" le cui traduzioni in lingua italiana furono stampate dalle edizioni de "Il Borghese" nel 1965); si formarono allora le così dette "Comunità di base" come quella fiorentina dell'Isolotto capitanata dal prete rosso don Enzo Mazzi;
La Rivoluzione sessuale ovvero la "liberazione dell'uomo" facendo leva sugli istinti più bassi. Così scrive uno dei leader del Movimento Studentesco, Mauro Rostagno: "Vivevo con Renato Curcio e Mario Palmieri in una casa abbandonata...leggiamo Mao, Regis Debray, Che Guevara, la letteratura terzomondista...Le ragazze non amavano me ma il mio ruolo e la mia immagine...volevano scopare con il ruolo di capo e l'immagine della liberazione...di solito mi avvicinavo a un gruppo di donne, sceglievo e ne invitavo una a prendere un caffè, non dicevo "andiamo a scopare".La cosa importante non era che ci scopassi ma che pubblicamente le dicessi andiamo io e te a prendere un caffè. Così scatenavo le altre contro di lei..." (Cfr. Aldo Cazzullo : "I ragazzi che volevano fare la rivoluzione", Mondadori) e insieme alla "liberazione del sesso" - si formarono in quei tempi i primi gruppi omosex - la libera droga con i "provos" olandesi gli "Hippies, i figli dei fiori, gli iniziati della marijuana, gli esaltati psichedelici, la cultura underground, i seguaci di Leary, Ginsberg, Huxley per cui si "aprivano le botole segrete delle loro coscienze...e le droghe divenivano un mezzo per contestare". In Italia Andrea Valcarenghi vuol "far capire al vecchio proletariato che la musica, l'erba, la comune...sono roba comunista...Noi dovremo diventare genitori che dovranno sentirsi in grado di prendere l'acido con i propri figli" E con Valcarenghi, seppur a livelli diversi, sono da citare anche anche : Francesco Cardella, Margherita Boniver, Franco Battiato, Giorgio Pietrostefani, Lidia Ravera, Domenico Contestabile, Marco Pannella...e poi i leader che si rifacevano a Kerouuac come Capanna e Cafiero;
La Guerriglia urbana : il sabato, ad esempio, a Milano, si viveva in uno stato di guerra a cominciare dal saccheggio dei negozi; la guerriglia contro l'ordine pubblico incarnato dalle figure del carabiniere e del poliziotto : "Uno - cento - mille Annarumma" grideranno in piazza, nella guerriglia contro la "celere", le giovani canaglie sessantottine, alludendo all'agente di PS Antonio Annarumma ucciso a Milano negli scontri con i "contestatori"; "Uno - cento - mille Ramelli, con la sbarra tra i capelli" era il grido di battaglia dei Katanghesi che ricordavano il ragazzo missino assassinato a sprangate per il torto di avere condannato, in un tema - poi affisso alla bacheca della scuola - le violenze dei gruppettari. Infine il grido rivolto contro ragazzi del Battaglione Mobile dei Carabinieri (che portano il basco nero) : "Camerata, basco nero, il tuo posto è al cimitero"....Furono i tempi in cui si invitava anche i militari alla disobbedienza e, anche qui, il testo della contestazione fu il libello milaniano : "L'Obbedienza non è più una virtù"
La Rivoluzione contro l'istituzione della famiglia, ovvero l'uccisione del padre( che era stata preceduta, nella Rivoluzione francese, dal regicidio ovvero dall'uccisione del Re) che, porterà, poi, anche all'uccisione del figlio...la rottura con le strutture familiari, con il passato, con i "vecchi": Il primo duro colpo alla famiglia fu dato, nel 1974, con l'introduzione, in Italia, della legge Baslini - Fortuna, sul divorzio...e si sono puntualmente avverate le previsioni di chi considerava lo stesso divorzio come il primo anello di una lunga catena. Ho qui sotto gli occhi una locandina del 1969 che annunzia una conferenza del sottoscritto, insieme a don Luigi Stefani, all'Avvocato Domenico Polito e alla dott.ssa Elvira Dupuis, dal titolo : "Divorzio, aborto, droga, pornografia, eutanasia : anelli di una stessa catena" . Ci accusarono, allora, di fare del "terrorismo culturale" e invece avevamo previsto quella che, oggi, è una vera e propria mutazione antropologica.
Il cantante rock (e con il rock avemmo anche una rivoluzione nel campo musicale) John Lennon, nella sua celeberrima canzone "Imagine", esortava i giovani a realizzare un mondo senza proprietà privata, senza eserciti, senza Stato, senza Chiese.
Ci si rifaceva all'antica eresia dei Catari : l'uguaglianza sincretistica di tutte le religioni,la soppressione della famiglia e della proprietà privata e quindi la comunione delle donne e dei beni; la condanna della procreazione vista come il perpetuarsi dell'opera di un dio cattivo (aborto ed eutanasia) ammissione dei riti orgiastigi e della sodomia, dell'incesto del "libero amore".
"Tappe significative di questo processo millenario sfociato nella ribellione di massa del Sessantotto, sono, per sommissimi capi: l'Utopia di Tommaso Moro, in cui si propongono l'abolizione della proprietà privata , l'eutansia, il divorzio, la libertà di religione, e quindi di morale, ben diversa dalla "tolleranza religiosa"; l'utopica "Città del Sole" di Tommaso Campanella, caratterizzata da comunione di beni, di donne, di figli e dal sincretismo religioso; quasi due secoli dopo il comunismo di donne e di beni, la liceità oltre che dell'adulterio, anche dell'incesto teorizzata da Diderot, dai rousseauiani Morelly e Dechamps, che insistono particolarmente sulla abolizione della morale e del concetto stesso di colpa; i falansteri di Fourier , dove la proprietà privata e la famiglia sono abolite e la prostituzione legittimata e lodata;la comunità di beni e di donne proposta da Marx nel manifesto del 1848; L'oltreuomo di Nietszche "al di là del bene e del male" , e cioè svincolato da ogni legge , da ogni comandamento; il tentativo di Freud e dei suoi epigoni Reich e Marcuse..., di liberare l'uomo dal senso del peccato ...(Cfr Francesco Agnoli e Pucci Cipriani in "1968" con prefazione di Riccardo Mazzoni, Ed. Fede e Cultura - Verona 2008)
Ecco, in mezzo a questa società in decomposizione, guidata da politici pronti al compromesso, privi di "idee forti" e di coraggio,atei conclamati o cattolici all'acqua di rose, imbevuti di modernismo e adepti della setta democristiana, pronti a ogni calabrachismo, il Commissario Luigi Calabresi prende servizio presso la questura di Milano e lascia Roma dove aveva vissuto e aveva portato a termine i suoi studi universitari. C'è un episodio commuovente : l' Università era, il più delle volte, occupata, i "contestatori" bivaccavano al suo interno e mettevano in pratica quel "libero amore" (Uomo donna, uomo- uomo, donna -. donna) portato sugli scudi dai teorici sessantottardi: molti studenti cattolici (non democristiani) amanti dell'ordine non possono passare; tra questi c'è Duilio Marchesini che frequenta la facoltà di lettere; quando va a lezione ( o tenta di andarci) o a fare un esame trascina dietro di se' la zia, ha l'alzeimer e quando incontra l'amico Luigi Calabresi gli dice : "Lo vedi com'è ridotta? Mi ha cresciuto non posso lasciarla sola.." Calabresi è venuto per una breve licenza a Roma ed ha appena riscosso il suo primo stipendio, estrae dalla tasca interna una busta e, con il solito suo garbo e con quella sua gentile delicatezza, la consegna a Duilio : "Tieni, è il mio primo stipendio è per lei...avevo già deciso così..." Duilio cerca di tergiversare "ma no..non te ne privare..." Ma Luigi se n'è già andato, sorridente e raggiante : anche oggi ha fatto la sua opera di carità. Il Commissario Luigi Calabresi era anche questo....
Mi disse l'amico Valerio Riva, già Direttore della Feltrinelli, Biografo ufficiale di Fidel Castro : "Vedi, Pucci, Calabresi aveva un fiuto eccezionale...aveva capito subito la pista da seguire per la morte di Feltrinelli e aveva capito bene anche da dove venivano le "bombe"...." Lui doveva seguire i gruppi extraparlamentari di sinistra e gli anarchici : indaga sulle bombe del 25 aprile del 1969 e quindici personaggi della sinistra extraparlamentare vengono messi in carcere per sette mesi...ma scarcerati, poi, per cavilli giuridici, ovvero "per mancanza di indizi"; sempre nel 1969 sottrae all'ira della folla Mario Capanna, il caporione delle squadracce del Movimento Studentesco, che, provocatoriamente passò davanti al feretro dell'agente Antonio Annarumma caduto negli scontri con i "bravi ragazzi sessantottini"...e con la testa spaccata in due da un tubolare di ferro. Fu il "cattivo" commissario che evitò un linciaggio al provocatore meschino.
Il 12 dicembre 1979 scoppia la bomba in piazza Fontana, alla Banca dell'Agricoltura..Viene arrestato l'anarchico Valpreda e i sospetti cadono proprio sul gruppo di anarchici : Calabresi conosceva bene Giuseppe Pinelli, il ferroviere, si scambiavano libri, molte volte prendevano, insieme, il caffè...non lo fa trasportare in questura ma lo "invita" e, poi, lo interroga. Pinelli viene trattenuto in questura, quando Calabresi è, con il questore nell'altra stanza, Pinelli, accanto a una finestra, precipita di sotto...solo dopo tanto tempo il Giudice Gerardo D'Ambrosio, che poi diverrà senatore del PCI, emetterà una sentenza assolutamente assolutoria per Calabresi : La morte fu "accidentale" probabilmente dovuta a un "malore attivo"...e oltre tutto fu acceratato che in quel momento il Commissario non era neppure in quella stanza.
"Gigi" Calabresi fece querela per un articolo demenziale di Lotta Continua in cui si accusava di essere un agente della CIA - Calabresi non si era mai recato in USA - al soldo del Generale Edwuin Walker, uomo di Barry Goldwater.
E la risposta di Lotta Continua non si fece attendere : nel numero del 14 maggio 1970 si poteva leggere  :"Gli assassini di Pinelli escono allo scoperto -la querela del Commissario Finestra contro Lotta Continua- Calabresi sei tu l'accusato (...)dell'assassionio di Pinelli abbimo detto a chiare lettere che il proletariato sa chi sono i responsabili e saprà fare vendetta delle sua morte"
Il primo ottobre 1970 appare, sempre su LC, una vera e propria sentenza di morte con il titolo. ; Pinelli un rivoluzionario - Calabresi un assassino, in cui si affermava :"Siamo stati troppo teneri con il commissario di PS Luigi Calabresi. Egli si permette di continuare a vivere tranquillamente, di continuare a fare il suo mestiere di poliziotto , di continuare a perseguitare i compagni...E il proletariato ha già emesso la sua sentenza : Calabresi è responsabile dell'assassinio di Pinelli (...) E' per questo motivo che nessuno, e tantomeno Calabresi può credere che quanto diciamo siano velleitarie minacce(...)Quando gli sfruttati rompono le catene dell'ideologia borghese la forza dell'esempio diventa dirompente; i proletari di Trento hanno già rifiutato la legalità borghese  per assumere quella rivoluzionaria, hanno compiuto il primo processo e la prima esecuzione.L'imputato e vittima del secondo è già stato designato  : un Commissario aggiunto di PS, torturatore e assassino : Luigi Calabresi"
Se questa di Lotta Continua non è una sentenza di morte....
Ma poi c'è la stampa, la grande stampa, l'editoria, la televisione...tutta gente, ieri come oggi, esperta nel leccaculismo...ieri come allora i "media" erano dalla parte della canaglia, contro le Forze dell'Ordine, a favore dei delinquenti, in nome della "tolleranza", della "resistenza", del "progresso" e anche quando dalla rivoluzione sessantottarda nasceranno le Brigate Rosse, il terrorismo e gli "anni di piombo" tutti continueranno, seppur ambiguamente, a stare dalla parte della "rivoluzione" contro lo Stato e la "società capitalistica"...e le brigate rosse per la televisione saranno "sedicenti" per altri, addirittura, saranno "nere".
Ed eccoli i Quisling, i così detti "intellettuali" in servizio prmanente effettivo : Camilla Cederna che, contro Luigi Calabresi, intraprese una campagna di linciaggio micidiale scrisse un libro: "Pinelli : una finestra sulla strage"  dove si legge : "...si vede Calabresi che ammicca dietro il davanzale di una finestra mentre il Pinelli precipita, oppure mentre da' la spinta fatale a un uomo in bilico..."
Dario Fo, l'ex repubblichino, ora convertitosi al comunismo, scrive una "Pièce" teatrale che avrà grande successo tra la borghesia radical -chic : "Morte accidentale di un anarchico" in cui il povero Commissario Calabresi diviene il "dottor Cavalcioni"; il commento del quotidiano cattolico(si fa per dire!) "Avvenire" superò in cialtroneria le sbrodolate di Dario Fo e fu degno di quel cattolicesimo neomodernista che, con gli anni, si trasformò in "cattocomunismo" : "All'autore - attore tutto il consenso che gli è dovuto". Ecco la viltà di questi invertebrati, veri pesci rossi dell'acquasantiera.
Ricorda con commozione lo storico Luciano Garibaldi, uno dei pochi giornalisti italiani che combatté realmente la camaglia sessantottarda di quanto, una volta, gli raccontò "Gigi" Calabresi al venerabile Commissario Calabresi : "Camminavo per strada con mio figlio per mano, c'erano scritte sui muri :"Calabresi boia", "Calabresi assassino", ...meno male che lui non sapeva ancora leggere"
Ma la vera e definitiva condanna a morte o meglio il "placet" alla condanna già scritta dai delinquenti di Lotta Continua lo misero gli ottocento rappresentanti della cultura (della morte!) italiana, gente che in tutti questi anni - ne son trascorsi  quarantacinque - non hanno avuto il pudore di rinnegare quel documento al quale apposero la loro firma e che, senza esitazione additarono nel Commisario Calabresi colui che "porta la responsabilità  della sua fine"" (quella di Pinelli n.p.c.) Ma non si fermarono qui questi intellettuali dei miei stivali, questi cirlatani arroganti...andarono oltre e misero Luigi Calabresi nel novero dei "Commisari torturatori" e chiedevano, quindi "l'allontanamento dai loro uffici" affermando di e di "non riconoscere in loro qualsiasi rappresentanza della legge e dello Stato"
Ma eccolo qualche nome di quei signori che si ersero a giudici di un innocente, di un padre di famiglia, di un onesto e solerte servitore dello Stato, di un uomo integerrimo. Eccoli i nomi di questi "signori" che non hanno mai reso conto, ai giudici terreni, di quella loro sentenza di morte, di quel loro comportamento osceno, di quella loro complicità netta con gli assassini, ma che dovranno,render conto, un giorno, a un Tribunale , di fronte al quale ciascuno di noi comparirà. Eccoli alcuni degli "ottocento" che misero il sigillo alla condanna a morte del venerabile Luigi : Norberto Bobbio, Lucio Villari, Federico Fellini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani, i fratelli Taviani, Gillo Pontecorvo Duccio Tessari, Marco Bellocchio, Salvatore Samperi, Nanni Loy, Folco Quilici, Giovanni Raboni, Renato Gottuso, Carlo Levi, Emilio Vedova, Inge Feltrinelli, Vito Laterza, Giulio Einaudi, Paolo Spriano, Franco Antonicelli,  Luigi Nono, Gae Aulenti, Giò Pomodoro, Margherita Hack, Paolo Portoghesi, Alberto Moravia,Umberto Eco, Domenico Porzio, Dacia Maraini,Alberto Bevilacqua, Franco Fortini,Enzo Enriques Agnoletti, Natalino Sapegno, Primo Levi, Pier Carniti, Toni Negri, Franco Basaglia, Paola Pitagora, Eugenio Scalfari (il fondatore del quotidiano "Repubblica" ora diretto - e mi viene il vomito a scriverlo - da Mario Calabresi, figlio del Commissario Martire!)Camilla Cederna, Andrea Barbato, Vittorio Gorresio, Giorgio Saviane,Giorgio Bocca...e mi fermo qui perché evocando certa gente mi vine il voltastomaco!
Ormai è tutto pronto, tutto approvato,
"Signora vada a casa, c'è confusione in giro, hanno ammazzato un Commissario di PS" dissero alla Signora Gemma Capra in Calabresi e lei capì e scoppio' in lacrime mentre portava a casa i bambini che erano, con lei, a giocare in un giardinetto.
Erano le 9,15 del 17 maggio 1972 , quando un "commando" freddò, con un colpo di pistola alle spalle, il Commissario Calabresi che si stava recando in ufficio, al lavoro, presso la Questura.e Lotta Continua poteva festeggiare annunciando il giorno dopo a tutta pagina:

L'UCCISIONE DI CALABRESI : UN ATTO IN CUI GLI SFRUTTATI RICONOSCONO LA PROPRIA VOLONTA' DI GIUSTIZIA.
Enzo Tortora lo ricorda così:
"Non l'ho mai visto una volta reagire. Se aveva un'amarezza, comune del resto a tanti funzionari di poolizia che sono lasciati al centro dell'uragano senza un cenno di solidarietà, era quella di vedere l'odio che trionfa sempre sul diritto, Il gangsterismo truccato da politica , che ha sempre la meglio sulla democrazia.(...)Avremmo dovuto vederci, una di queste sere, con altri colleghi, qui sul mio taccuino c'è scritto "Dopodomani, Calabresi". Invece non c'è più. Guardo l'ultimo libro che mi ha prestato. Ogni tanto aveva in mente di cambiare le mie idee, che in fatto di fede non erano e non sono esattamente le sue.
E' un libro che parla di un uomo che, nel deserto, colloquia con se stesso. "Vedrai", mi dice qualche volta sorridendo , ma con garbo, un pudore che commuovevano infinitamente: "Vedrai che un giorno o l'altro ti capita di incontrarlo, Iddio"
Stamane lo ha forse incontrato,  lui. L'ho visto poco fa, Luigi Calabresi. Ha le mani in croce. E' così sereno come sempre".

Pucci Cipriani